Interviste d’Autore: Marcello Veneziani

Competenza, Passione e un cuore che batte a Destra.

Interviste d’Autore: Marcello Veneziani

Pochi riscontri da parte della stampa. Salvo Il Giornale, Telenord e Genova3000, l’incontro con Veneziani sarebbe passato in sordina se non fosse stato per l’evidente caratura del personaggio, l’interesse della comunità per il suo scritto e la voglia di interagire con un giornalista, scrittore e filosofo che spesso si può apprezzare da lontano e sabato, invece, si è messo a disposizione.

Il motivo del quasi totale silenzio, probabilmente risiede, come fatto notare da un rappresentante della categoria, nel fatto io non sia consigliere o assessore… La cosa mi lascia ancora più perplesso: la cultura, la validità di un evento, passano dunque per un ruolo, non per il valore intrinseco? O forse, alcuni media temevano quel logo, quel simbolo di partito che sta dimostrando, anche con questa iniziativa, la destra non essere poi così “ignorante”, poco attenta alla conoscenza… 

Fortunatamente, non abbiamo avuto bisogno delle testate giornalistiche perché l’evento, primo del ciclo “Incontri d’Autore”, risultasse apprezzato e partecipato.

L’EVENTO

Dove eravamo rimasti ? L’epidemia, il lungo rinchiudersi di un periodo maledetto ci ha tenuti lontani. Sabato siamo tornati con Marcello Veneziani alla luce, che è uno dei temi, forse il tema principale del libro che presentiamo, La leggenda di Fiore.  

Io credo che in questa ripresa, il ritrovarci e riprendere insieme la strada, sia stato bello e opportuno l’argomento, il filo conduttore non fosse la politica spicciola, la nuda quotidianità con le sue miserie e ancor meno le beghe, le polemiche da cortile. Fratelli d’Italia ha presentato non un intellettuale organico, ma un pensatore importante, uno di quelli che lasciano traccia. E’ stato un onore e un orgoglio averlo con noi e ascoltare le sue parole in un periodo in cui il pensiero critico, meditante, sembra scomparso in una sorta di notte del mondo, sconfitto dal tempo reale, dal presente, da quella “odiernità” che Veneziani ha studiato in un libro di alcuni anni fa, Tramonti.  

Per un giorno, per un pomeriggio, abbiamo lasciato la politica politicante fuori dalla porta e cercato di volare alto. Farlo con Marcello Veneziani è stato facile e sicuro. Marcello non ha bisogno di presentazioni: sin dalla giovinezza è stato un intellettuale di punta, un pensatore di riferimento, la punta avanzata di una cultura e di una comunità umana che non ci stava a farsi rinchiudere nelle catacombe o nella nostalgia sterile, ma rivendicava tutta la forza di una tradizione antica e sempre nuova. Veneziani è uno di quelli che, contro vento e marea, si è messo “per l’alto mare aperto”, per dirla con le parole del padre Dante.  

Se è ben conosciuta la sua traiettoria intellettuale, il ruolo di pensatore, scrittore, ma anche di animatore culturale, fondatore di riviste e settimanali, meno nota è forse la parabola degli ultimi anni. Dopo tanti scritti spiccatamente politici, sui quali si è formata la migliore gioventù nostra e molti di coloro che sono oggi qui, da alcuni anni Veneziani esprime la sua caustica vena politica, sostenuta dall’ironia e da uno straordinario senso dei tempi, negli interventi sulla stampa, riservando ai libri uno sguardo sul mondo più profondo, più alto e penetrante.  

Credo che questo sia il senso della Leggenda di Fiore, un romanzo carico di simboli, di suggestioni, un viaggio di iniziazione in cui la narrazione avanza in parallelo con l’introspezione, la ricerca, disseminando tracce, indizi, tracciando piste, chiedendo al lettore di immergersi in una dimensione che trascende la quotidianità, la banalità, il cui filo conduttore è la ricerca della luce. Fiore, lo avete capito, è Veneziani stesso. Nel libro, crescere vuol dire tramontare e poi ritornare all’origine, riconoscere la limitatezza dell’agire umano e fonderla con lo slancio verso l’alto, verso lo Spirito. Fiore accetta di tramontare per risorgere nell’eterno, in un viaggio dall’uno allo zero, dall’individuo all’origine, ossia all’Oriente. Ex Oriente lux, la luce viene dal luogo dove sorge, immutabile, il sole.  

Il viaggio farà di Fiore un pellegrino dello spirito; quello che ci suggerisce, anzi che ci prescrive, è un’educazione al Bene, il grande assente della contemporaneità dedita al funzionale, all’efficace, al profittevole. Il modello cui si ispira il nome è quello di Gioacchino da Fiore, lucido monaco medievale che credeva nelle tre età del mondo: quella del Padre, quella del Figlio e l’ultima, finale, dello Spirito Santo, il dantesco “calabrese abate Gioacchino, di spirito profetico dotato” Un romanzo di formazione , si sarebbe detto un tempo della Leggenda di Fiore,, un testo colto ma per tutti, in cui il mito è il “ponte tra la realtà e il divino, la natura , il sacro”, ma che è in fondo anche politico,  contemporaneo perché universale.  

Mostra il dramma di una modernità che ha portato la morte in clandestinità, condannando gli uomini al suo terrore, che vive nell’ossessione di un presente “che non ha presa e radici, che non ha ente e sconfina nell’assente”. Il terribile biennio del virus ne è la prova.  

Un altro tema del Viaggio di Fiore è il sacro: gli dei non se ne vanno, l’anima resta. Analizza la crisi del cristianesimo occidentale nel capitolo del papa Pierpaolo, che sceglie di non essere Santo Padre ma fratello, non guida, ma amico. In un dialogo che rammenta il grande inquisitore di Dostoevskij, Fiore- Veneziani accusa il papa di “sostituire il carisma con la simpatia, la grazia con la carità, alla liturgia, al rito, al simbolo, l’umile familiarità di uno di noi”. Una Chiesa che cade nella volgarizzazione, che prediliga la salute alla salvezza, il riscatto sociale alla redenzione, seguendo stancamente lo spirito del tempo.  

Fiore – qui riscopriamo tratti del Veneziani dei saggi politici-  ci chiede di ritrovare la dimensione comunitaria che salva l’uomo dal nichilismo montante. Nichilismo, ossia il nulla come programma disperante e come esito di vite svuotate di senso, rappresentato nel libro dall’invocazione del nano Onan- nome simbolico e palindromo, ovvero che si può leggere nei due sensi – che narra la fine dell’umanità che non ha più legami, ma solo connessioni ad apparati artificiali, fatta di atomi che “non sanno vivere o morire del tutto, hanno orrore sia della fine che del finito”.  

Veneziani ci indica la via di ciò che è permanente, solido, contro la cronaca, centro di una vita liquida; alle luci artificiali preferisce il mito, ai fiori appassiti della terra desolata il fiore dell’anima, della bellezza, dello spirito. Nell’era del disincanto, Veneziani ci chiede di reincantarci, forse memore di Hoelderlin, il grande romantico tedesco: poeticamente vive l’uomo. Ex Oriente lux, per Fiore, che enuncia la teoria del girasole: dobbiamo vivere come girasoli, cercare la luce e volgerci verso il sole, andando dove va lui, mobili ma ben piantati in terra.  

Quante allusioni, quanti riferimenti, quanti stimoli alla riflessione, quante similitudini: Fiore ama Margherita come Faust, il grande cercatore di verità. Veneziani ci spiega che il mondo è in balia di alcune specie animali. I rapaci, gli sciacalli, i corvi, i serpenti, i coccodrilli, i pavoni e le scimmie, le più numerose, che trasmettono il panico, fanno il verso, imitano l’andatura altrui. Queste specie spadroneggiano sui popoli, sulla giustizia, la salute, il lavoro, gli affari, la morale e la religione. La restante umanità – greggi di pecore, agnelli sacrificali, maiali all’ingrasso– è sottomessa, salvo pochi in disparte.  

Per Fiore all’origine del mondo non c’è l’atomo ma la simmetria, la corrispondenza armoniosa: tutto è mosso e intrecciato da un’energia spirituale, proteso verso l’eterno da cui proviene; è ciò che la logica umana chiama mistero. Il viaggio di Fiore scopre vari sigilli, come l’apostolo Giovanni, sino al più bello, il sigillo dell’Amore. L’amore è dismisura, ricerca, porta aperta. Nell’amore esci dal singolo te stesso, ti apri all’altro ma poi vai oltre, poiché l’esperienza dell’amore apre all’ulteriore. Più in alto di tutto c’è il sigillo di Dio, il nome del nostro limite, della nostra carenza. Dio è il nome che diamo al Mistero dell’Essere. 

Vedete quante idee, quante suggestioni, in quale viaggio dell’anima ci guida Fiore-Marcello, alla ricerca della verità, ossia della luce. Tanto, troppo, difficile?  Per nulla, se ci prende per mano un grande, se il nostro Virgilio è Marcello Veneziani.