Salario minimo. Più una minaccia che un’opportunità

Competenza, Passione e un cuore che batte a Destra.

Salario minimo. Più una minaccia che un’opportunità

Infuria la polemica tra le forze politiche, economiche e sindacali sulla direttiva dell’UE che impone la fissazione per legge del salario minimo. A prima vista, sembra una misura nella giusta direzione, dopo anni e anni di vacche magre. Non è così. A parte il fatto che in paesi dove è già operativo, come in Germania, il salario minimo non ha per nulla aiutato l’occupazione e alla fine ha finito per frenare, anziché aumentare i salari, il veleno sta nella coda del provvedimento, che impone di “promuovere la contrattazione collettiva”.

Sarà quindi lo strumento non per tutelare i lavoratori più deboli o peggio pagati, ma per far entrare i sindacati di sistema anche nelle piccole aziende. Dopo aver causato danni nelle grandi, ora potranno mettere in pericolo anche le piccole, senza introdurre nessuna seria tutela per i lavoratori. Un regalo per organizzazioni che non rappresentano più nessuno.

Solo in apparenza il salario minimo è una buona idea: la realtà cui andremo incontro è ben diversa. I bassi salari in Italia non derivano solo da paghe orarie basse, ma soprattutto da un numero di ore lavorate insufficienti. Come influirà il salario minimo, che peraltro già ci sarebbe (nove euro lorde orarie)? Inoltre, il minimo fissato per legge tenderà a diventare il salario massimo: un alibi per molte imprese. Lo si vede dalla contrattazione collettiva, in cui il livello fissato diventa quello seguito, nonostante la possibilità di accordi aziendali. Il rischio è assistere a una contrazione degli stipendi; il sistema europeo rischia inoltre di cristallizzare le differenze salariali tra stati membri già enormi. Penalizzerà chi vive periodi di crisi: in Grecia, ad esempio, con i parametri fissati dall’UE, il salario negli ultimi dieci anni è diminuito.

Un altro pericolo deriva da meccanismi come il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che, se attivati, permetterebbero alla troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) di dettare legge sugli stipendi, con l’effetto di abbassarli e sulla vita delle imprese. Ci fidiamo a lasciare un’arma tanto potente e delicata, con effetti immediati sulla vita di aziende e lavoratori nelle mani del governo Draghi e dei sindacati di regime, tra i quali spicca l’attivismo delle CGIL di Landini?

E che cosa sarà del controverso Reddito di Cittadinanza, che sta diventando il tappo che consente il paradosso di una nazione piena di disoccupati in cui migliaia di aziende non trovano personale? Troppi rischi, troppa rigidità burocratica, nuovo statalismo.

Noi diciamo no al salario minimo nella forma imposta da Bruxelles, gestita da chi ha provocato la crisi dell’economia, del salario, delle relazioni industriali.